Vite coraggiose – terza pagina.

E questo era, a giornata piena, il suo più grande rammarico. Era il caso di interrompere queste riflessioni sulla propria ed altrui esistenza per definire meglio la serata. Aveva nostalgia però della sua famiglia, la madre viveva in Riviera da tanti anni e gli mancava, aveva quell’interesse ed amore per parlarle la sera. Ecco era così. Che figlio era stato? Questo è un importante davvero interrogativo. Ed il suo era un esame di coscienza. All’inizio bello e buono. Pur nei tentennamenti delle età non adulte, ed ora? Parliamone. Senza dubbio, il suo rapporto con i famigliari era stato costruito giorno per giorno con tutte le fragilità della nostra esperienza. Però quante cose, in famiglia, le rimpiangeva tutte. La sua modalità di espressione aveva trovato qualcosa di simile a lui, i suoi genitori. Non c’erano parole ma fatti concreti, gesti, carezze, e un senso di appartenere ad una storia, la propria che nessuno poteva rapinare o indebolire. Certo non tutto era rosa e fiori: tante difficoltà, tanti episodi difficili di mancanza di qualcosa. Ma di cosa? Tra la politica e la rivoluzione, mi ha detto mia madre, scelgo, disse il grande scrittore Camus, la famiglia e mia madre. Ecco io non avevo fatto questo del tutto. Però in parte si. Ed ero contento ed in pace. E potevo dire grazie a tutti per questa opportunità. Si. Potevo avere diritto e dovere, su quello scarseggiavo, ad avere un indirizzo. Cosa sto facendo? Ma questo era un tema di problemi che L. quella sera non voleva affrontare. In parte era giusto parlare dopo. Erano problemi importanti e lui li affrontava spesso. Il suo rapporto con la madre era una cosa che lo interessava. Come dicevamo prima, che figlio era stato? Un figlio che per prima cosa riteneva che i genitori venissero prima, perché erano stati prima di lui. Ed era bello il tema della tenerezza e della dolcezza. La mamma di L. gli aveva infatti trasmesso questi valori: con l’esempio. C’erano state delle tensioni delle mancanze di parole vere ma queste erano stati superati. Quanto tempo aveva passato insieme alla madre da giovane. Il tempo per lui in quei momenti era stato davvero una risorsa. Si era come fermato: e quasi – torno ad usare i temi cari a Stendhal – cristallizzati in periodi , decenni di gioia e di felicità. Non senza – è chiaro – momenti anche lunghi e difficili. Però parlare lo aveva sempre aiutato a crescere, ed a non sentirsi solo. Perché, in effetti, era anche venuto il momento di crescere. Una modalità per convivere e per convincere gli altri della bontà e giustezza delle proprie idee e valori. Convivere. La convivenza è la cosa più complicata per chi non ama confidare troppo i dispiaceri e le debolezze. Che tutti, proprio tutti, abbiamo. Chi poco o tanto. Io ero contento, sapevo che nel lungo periodo si può risultare convincenti, anche ad un amico anche alla propria fidanzata o fidanzato. Io ero infatti convinto che c’era sempre una strada per appianare le divergenze di vedute. Con la buona fede. Queste erano le mie sensazioni ed ero contento di trovare ora un modo per esprimerle. La mia identità era fatta di queste cose. Ritrovare il senso delle cose, la realtà e capirla e se possibile cambiare qualcosa in meglio. Cambiare era il tema che mi aveva sempre interessato. Perché cambiare? Una cosa era infatti dire si una cosa cercare di opporre un pensiero, sia pure debole, ma una identità chiara. Perché il tema delle identità era sempre sentito da me. Era la cosa migliora cercare una strada da percorrere. Ed essere qualcuno nella propria realtà. L’impegno di L. era stato costante, lui cercava di trovare la bussola per riprendere il filo del discorso e ragionare insieme agli amici. Gli amici, questo divagare sulla sua storia a partire dalla sua sensibilità e da quello che essa gli suggeriva lo aveva portato a dimenticarsi di essi. Doveva, infatti, erano passate le sette del pomeriggio, organizzare la sua serata insieme agli altri. Un tempo sarebbe uscito subito, una cravatta nuova, una giacca elegante, e pronto per fare qualcosa : aperitivo o cinema si sarebbe deciso insieme. Ora invece voleva ancora passare del tempo a meditare cosa avrebbe potuto e dovuto fare in quella o in quella diversa occasione. Quel giorno lontano. Ci sono dei giorni importanti, infatti. Suo fratello aveva sofferto per mancanza di chiarezza sugli obiettivi. Lui, invece, ora li aveva chiari! Doveva telefonare a Marco e parlare con lui, come faceva nei fine settimana liberi dall’ufficio. In campagna era stato contento, durante la sua infanzia. Ed ora voleva organizzare qualcosa – un viaggio – peregrino lo era – per stare con la sua piccola realtà di conoscenti. Potevano parlarne insieme questa sera. Però, un dubbio lo assalì. E se fosse rimasto in casa a sistemare alcune carte e lavori, e poi fosse andato da solo a prendere un qualcosa da bere in un locale? Era un interrogativo esistenziale minimo: ma di queste scelte era fatta la sua vita. E voleva condividerlo e  parlarne con altri. E con lui e i suoi genitori.

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